RIPARTIZIONE DEI COSTI

Negli stabili condominiali in cui fino ad oggi la ripartizione dei costi di riscaldamento (sia per il combustibile sia per la manutenzione) è stata effettuata con l’ovvio criterio dei millesimi, si pone in problema di quanto debbano pagare i condomini con l’appartamento ai piani estremi (il più alto ed il più basso). Nelle nostre considerazioni tralasciamo pure le pur rilevanti incertezze della misurazione ed immagiamo che sia perfetta[1].

Gli appartamenti dell’ultimo piano, che sopra hanno aria esterna fredda, oppure un sottotetto non riscaldato, hanno superficie disperdenti costituite dalle pareti esterne e dal soffitto.

Quelli del piano terreno hanno superficie disperdenti costituite dalle pareti esterne e dal pavimento.

Gli altri piani hanno superfici disperdenti costituite dalle sole pareti esterne.

È ovvia la considerazione che in un ipotetico palazzo a pianta quadrata di 5 metri di lato gli appartamenti intermedi hanno superficie disperdente di 20×2.7=54 m2; l’appartamento più in alto, a quella superficie deve aggiungere 25 m2, come il piano terreno. A loro volta i due appartamenti estremi hanno diverso scambio termico con il resto del mondo: quello in alto, con aria esterna a temperatura invernale (a Milano, per esempio, -5 °C); quello al piano terra, con il terreno a 10÷15 °C.

La potenza scambiata con l’esterno è direttamente proporzionale alla superficie ed al salto termico fra interno ed esterno dell’abitazione: è quindi ovvio che gli appartamenti all’estremo siano sfavoriti e l’energia misurata dai loro contabilizzatori sia in parte al servizio dell’appartamento, come tutti, ed in parte al servizio del condominio.

Quanto si muta il regolamento condominiale in funzione dell’introduzione della contabilizzazione, occorre quindi prevedere un meccanismo che riconosca giusta ragione di ciò.

Sono in uso “comode” forfettizzazioni che indicano come ripartire i consumi degli ultimi piani. Tipicamente si utilizzano valori compresi fra 20 e 30 % del consumo totale come “condominiale” ed il resto come “pro capite”.

Queste forfettizzazioni sono fatte sulla base di un apparente buon senso, basato su assunti non necessariamente veri, come quello del piccolo esempio numerico di prima.

La tipologia di pareti, serramenti, solai e pavimenti, può cambiare radicalmente le prospettive, in bene o in male, causando storture applicative.

È invece opportuno che la quantificazione della quota “condominiale” sia calcolata attraverso un calcolo rigoroso, orami alla portata di tutti, dal quale si evinca, in funzione dei gradi giorno rilevati attualmente, quale è la quantità di calore che esce attraverso i tetti ed i solai e detrarre quella quota dai consumi degli appartamenti all’ultimo ed al primo piano.

Il meccanismo è pure relativamente semplice, ma assai più robusto del “lume di naso”, permettendo tra l’altro di tener conto delle differenze di temperatura fra un anno e l’altro.

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